Dum loquimur fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. “Mentre parliamo, il tempo, invidioso, sarà già fuggito: Cogli l’attimo, fiduciosa il meno possibile nel domani”. Sono, forse, i versi più famosi della Latinità. Li scrisse Orazio in una delle sue celebri Odi. Il Carpe diem oraziano si fonda sulla considerazione – assolutamente razionale – che all’uomo non sia possibile conoscere e determinare il futuro. Soltanto sul presente si può intervenire ed agire, consapevoli dell’imperscrutabilità del Destino. E’ in questo contesto che il poeta lancia la sua bomba: cogliere l’attimo, il momento, le gioie che si presentano oggi, hic et nunc, senza alcun condizionamento derivante da speranze, timori, attese. Sostantivi che – e non è certo un caso – attingono tutti alla sfera del futuro. Che nessuno, ma proprio nessuno di noi può conoscere.
Non invito al godere, dunque. Ma ad assaporare quell’attimo unico, che non ritornerà più, consapevoli dei nostri limiti, del senso di finitudine proprio dell’uomo. L’idea di fondo è che la vita, questo straordinario dono di Dio, degli Dei, di Allah, degli astri, vada vissuta nel profondo, vada assaporata, vada letteralmente afferrata da ciascuno di noi. E’ il trionfo della libertà dell’uomo, della responsabilità innanzitutto verso se stessi. E’ lo splendido messaggio che il professor John Keating cerca di inculcare nelle menti e negli animi dei suoi studenti, in quel capolavoro del cinema che nel 1989 ha riproposto in modo sublime l’attualità del messaggio oraziano, L’attimo fuggente. “Ognuno di noi un giorno smetterà di respirare, diventerà freddo e morirà”. Le parole dell’eccentrico insegnante cominciano a lasciare il segno in un gruppo di ragazzi, le cui vite vengono, di fatto, sconvolte dalla rivelazione del significato del Carpe diem, con conseguenze tragiche uno studente che sfida l’oppressiva figura paterna, assapora la vita fino al “midollo”, afferra la sua grande opportunità, ma cade, poi, lacerato da un conflitto insanabile tra la società e le proprie aspirazioni frustrate. Morendo, ci piace pensare, dopo aver vissuto veramente, anche solo per pochi attimi. Vivere, un momento speciale, un attimo, una notte, uno sguardo diretto, qualunque cosa per la quale valga la pena di vivere, anche solo per pochi, brevi ma lunghi istanti. Nudi, senza maschere. Consapevoli che ciò che possiamo modificare è solo ed unicamente il nostro presente. Consapevoli che ognuno di noi è padrone di sè. Sempre e comunque.