Oggi, 27 gennaio, ricorre la giornata della memoria per commemorare le vittime dell’ Olocausto. In quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa, impegnate nella offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Quasi ottant’anni dopo è davvero triste scoprire che, nonostante il progresso del genere umano e con esso i valori dell’uguaglianza, del rispetto e della solidarietà, purtroppo l’orrore non sia finito nel 1945. Penso comunque sia interessante approfondire il perché Hitler e ciò che rappresentava, allora e in parte ancora oggi in una fetta della popolazione, abbia avuto un così forte impatto nella gente. Hitler era partito negli anni venti come un perfetto sconosciuto: era anaffettivo, un artista fallito, un ferito della Grande Guerra affetto da problemi psichiatrici. Parlando alla pancia dei tedeschi, era riuscito però presto a circondarsi di gente comune conquistando quella credibilità utile per vincere le elezioni nel 1933 e diventare successivamente l’ago della bilancia della politica mondiale. Il potere non l’ha conquistato con un colpo di stato come Mussolini, glielo hanno dato i tedeschi stessi con il voto. E la propaganda ha contribuito a renderlo un mito, creato con il film “Il trionfo della Volontà” di Leni Riefenstahl nel 1935. Grazie a lei, il progetto nazista è stato esaltato e reso affascinante, facendo leva allora sulle emozioni dei tedeschi degli anni trenta e oggi su quelle di alcune persone del nostro tempo. Ed è anche per questo motivo che, nonostante le numerose testimonianze di Liliana Segre, di Sami Modiano e di tanti altri scampati allo sterminio, nonostante la vasta bibliografia che vede il Diario di Anna Frank tra i libri simbolo della Shoah e sebbene i campi dello sterminio come Auschwitz, Dachau, Mauthausen e altri siano ancora lì, visitabili, nazismo e fascismo, anche se sconfitti nel 1945, non sembrano esser stati del tutto cancellati dalla storia. C’è da chiedersi come sia possibile, nel 2022, leggere ancora odio o vedere filmati di vita reale a sfondo razziale, sentir evocare lo sterminio di milioni di innocenti negli stadi per sminuire l’avversario, veder salutare pubblicamente la bara avvolta dalla bandiera con la croce uncinata. Il fascino di nazismo e fascismo attraverso i cinegiornali d’epoca ritorna ad ammaliare le persone e naviga sui social grazie alla capacità di creare un alto numero di interazioni attraverso semplici post e video. Ecco così che Hitler e Mussolini non sono mai morti. Il loro progetto si insinua nelle società moderne, anche quelle con un alto tasso di cultura, tra la gente comune che vive le stesse aspirazioni, ansie e paure dell’Europa degli anni trenta. Cambia il bersaglio dell’odio ma il pensiero è sempre quello. Entrambi erano partiti promettendo di risolvere i problemi del loro paese, entrambi hanno dato “pane e lavoro” e ciò bastava. Che dietro a questo ci fossero anche le persecuzioni politiche e razziali contro altri componenti della società, poco importava. Accecate dal benessere, le masse si sono voltate dall’altra parte lasciando il campo alla persecuzione. Eppure, in quel 27 gennaio di 77 anni fa, quando le truppe sovietiche liberarono Auschwitz, i crimini di Hitler e delle SS furono ben chiari ed evidenti. I corpi delle vittime, i forni crematori, le torture e lo sterminio di oltre 15 milioni di persone non potevano più essere negate. Ed è a quella memoria che si ritorna il 27 gennaio di ogni anno nella giornata istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite l’1 novembre 2005. La Giornata della Memoria ci insegna ogni anno, attraverso quella che è certamente la pagina più orribile della storia del genere umano, come anche nella vita quotidiana sia importante intervenire in tempo e non girare lo sguardo dall’altra parte quando un uomo o un popolo vengono offesi e discriminati, perché “il male mette radici quando un uomo comincia a pensare di essere migliore di un altro”.
Florinda Licari
“Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli…”
(Primo Levi)