Non si placano le polemiche a Marsala in seno alla pubblicazione e successiva diffusione nelle scuole primarie e secondarie di un libro scritto da Elio Licari con la collaborazione grafica di Manuel Parrinello, dal titolo “Rìriri è meglio di sorridere”.
Il libro è uno spaccato sulla cultura marsalese, sui vocaboli e i modi di dire –pittoreschi, a dir la verità- di uso comune, sugli usi e consuetudini di un passato allo stesso tempo lontano e recente.
Il libro ha il supporto grafico di molte vignette che rendono ancor più viva l’idea.
Bello, bellissimo, tant’è che l’amministrazione marsalese con la giunta guidata dal primo cittadino marsalese Massimo Grillo, decide di acquistarne 350 copie, con tanto di delibera N. 357 DEL 28/12/2021, con l’intento di diffonderle alle “scuole primarie e secondarie di primo grado del territorio comunale”, così si legge nella delibera, che continua con “Atteso che il contenuto di tale libro, nel rappresentare la memoria e l’identità culturale di questo territorio attraverso il linguaggio, permette al lettore di riappropriarsi del passato così da non dimenticarlo. Ritenuto che questa Amministrazione, nell’intento di far conoscere e tramandare le abitudini popolari del territorio affinché la memoria non vada persa, intende procedere all’acquisto di copie del libro su indicato da donare alle scuole primarie e secondarie di primo grado della città per promuovere negli stessi alunni la conoscenza della propria identità culturale attraverso le tradizioni, il dialetto, le credenze popolari del proprio territorio ed anche attraverso il coinvolgimento emotivo ed affettivo”.
Lodevole intento, ma ai marsalesi qualcosa non deve esser andato giù, specie ad alcuni dirigenti scolastici che hanno declinato la diffusione del libro e a un gruppo di insegnanti che hanno segnalato il libro ad alcune redazioni.
Certamente questa non è la sede dibattimentale su cosa debba o non debba essere insegnato ai bambini, di certo abbiamo l’assicurazione dell’autore che il libro sarebbe dovuto essere diffuso alle scuole secondarie, o almeno così sarebbe dovuto essere, in teoria. In pratica, non si capisce cosa sconvolga l’immaginario ‘culturale’ marsalese se si asserisce che la parola “minch**a” è usata come un intercalare: minc** che caldo, minc** che freddo, minch**che dolore, che minc** fai?
Non si capisce la presa di distanza di modi di dire di uso quotidiano, per esempio la parola “sbirro” viene tuttora usata, magari è di uso meno comune “zicca” per pisellino, come lo è meno comune il mantra che si usava negli anni 80 anche nella Marsala ‘bene’ per offendere, insultare qualcuno o riferito alle forze dell’ordine “infame, sbirro e cascittune”. E magari sono le stesse persone che adesso fanno i puritani, in una sola parola ipocrisia.
È la cultura e, che piaccia o no, include anche i modi di dire e di fare popolani e di quartieri anche degradati. Prenderne le distanze significa tagliare dalla propria vita una parte di storia passata e recente.
Cosa diversa dalla formazione, dal grado di istruzione di ognuno di noi.
La parola “sbirro” ha origine da sgherro o bravo. I bravi erano l’ esercito privato dei signorotti, duchi, baroni etc. Poi alla fine del secolo il Re d’Italia ha formato il corpo dei Carabinieri e successivamente è nato il corpo della Polizia e tanti li associavano al corpo degli sgherri, cioè l’esercito privato dei nobili.
Dalla Treccani:
Sbirro: “Guardia in servizio di polizia, in comuni, repubbliche e signorie medievali e rinascimentali’
Rosalba Pipitone