L’immobile, il Motel Beach, è di proprietà degli eredi della famiglia Rimi, i cui figli di don Vincenzo e successivamente Filippo, furono ai vertici della mafia alcamese, mentre Natale fuggì in Spagna all’inizio delle guerre di mafia dei primi anni 80, quando emerse la famiglia mafiosa che faceva capo al boss Vincenzo Milazzo e quella che faceva capo a Ignazio Melodia (affiliato poi nel 1996 dal latitante Matteo Messina Denaro), famiglie affiliate ai corleonesi di Totò Riina.
Quello che resta del Motel Beach, sito in contrada Canalotto ad Alcamo Marina, è un rudere pericolante dai vistosi danni strutturali, da decenni in stato di abbandono, rappresenta uno del ‘biglietti di visita’ di una delle più belle spiagge siciliane, un tratto di costa lungo 7 km dalla sabbia dorata e dal mare cristallino, deturpato dalla gigantesca speculazione edilizia con tonnellate e tonnellate di colate di cemento e dalla storia tragica e feroce.
Messo più volte all’asta, attualmente è vendita per circa 500 mila euro ma appaiono un’utopia il recupero e il risanamento per i costi non proprio sostenibili.
Inaugurato nel 1962, parteciparono in numerosi noti professionisti, esponenti politici, dirigenti amministrativi comunali e operò meno di dieci anni, chiuso e successivamente sequestrato, su proposta della Questura perché realizzato con i fondi illeciti di provenienza mafiosa.
Erano gli anni del sacco di Palermo, della strage nella Caserma dei Carabinieri di Alcamo Marina dove morirono, in circostanze mai del tutto chiarite e in uno dei casi più misteriosi della storia italiana, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo, i due carabinieri rispettivamente di diciannove e trenta anni.
In questo contesto, tra i mandamenti di Palermo e Trapani, prende corpo il potere occulto della famiglia alcamese Rimi, storico clan di Cosa Nostra.
Si vociferava che allora don Vincenzo fosse così potente e ‘rispettato’ da camminare per le strade della città senza armi e senza uomini che gli facessero da scorta. Nell’arco di due decenni divenne proprietario di terre, mandrie, palazzi e si è dato anche alle attività turistico-alberghiere.
Di fatto, “è anche il padrone –si legge in una relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla mafia- del bosco di proprietà del comune di Alcamo, che è formalmente gestito dall’Assessorato regionale alle Foreste, ma ci vivono i parenti dei Rimi, i nipoti e i guardiani delle mandrie di bovini”.
Filippo Rimi sposò Giovanna Vitale, cognata di don Tano Badalamenti (Gaetano Badalamenti), sorella della moglie Teresa; la sorella Antonina Rimi sposò Antonino Buccellato, boss di Castellammare del Golfo, paese dove successivamente trovò rifugio Giovanni Brusca.
Fu così che nacque l’asse della vecchia mafia Cinisi-Alcamo-Castellammare del Golfo dove proliferano numerose raffinerie di eroina, la più grande proprio ad Alcamo con un sofisticato impianto modernissimo a tecnologia avanzata per i tempi di allora, capace di produrre droga per centinaia di miliardi all’anno delle vecchie lire, controllate dagli uomini dei clan vincenti, con contatti negli Stati Uniti che videro l’arresto nel 1978 di Francesco Puleo, un siciliano ivi residente, oltre ad altri esponenti delle cosche locali.
Il Motel beach, oltre che luogo di divertimenti, divenne anche luogo di incontri tra mafiosi, presieduti da Vincenzo Rimi e dal figlio Filippo.
Vincenzo allargò le conoscenze e connivenze in ambito politico quando fu eletto membro del direttivo della sezione locale della Democrazia Cristiana di Castellammare del Golfo.
Oggi quella mafia non esiste più essendo stata decapitata dalle stesse guerre di mafia e dai conflitti interni che hanno tuttavia portato in auge altre famiglie come quelle dei Melodia (come si legge sopra, Ignazio fu affiliato da Matteo Messina Denaro) e dei Milazzo.
Per molto tempo, vecchia e nuova mafia hanno condotto affari in un connubio tra consenso e connivenza, ma è pur vero molti cittadini e imprenditori con ci stanno a vedersi bollare la loro terra come ‘terra di mafia’ e a seguito delle denunce di vittime di estorsioni, tra il 2015 e il 2016, la Dia di Trapani diede un duro colpo alla cosca facendo emergere che un’impresa edile di Alcamo costruiva ville estive nella zona di Alcamo Marina e che, dopo aver pagato 3.500, avrebbe dovuto pagare anche dai 1.500 ai 2.000 euro per ogni villetta costruita in base alla cubatura.
Ignazio Melodia aveva cercato di imporre il pizzo anche a un’impresa edile di Mazara del Vallo che stava eseguendo lavori nel suo mandamento.
Ignazio (fratello di Nino, ritenuto il capomafia del mandamento alcamese e in carcere per scontare un ergastolo), soprannominato “u dutturi”, in quanto per anni ha esercitato la professione di medico all’Asp di Trapani, fu arrestato nel 2012 e l’ultima volta nel 2017, fu condannato nel 2019, pochi mesi prima della morte, dalla Corte d’Appello di Palermo a 6 anni e 4 mesi, nel corso dell’operazione “Freezer”.
I poliziotti della Squadra Mobile e gli agenti della Dia registrarono i movimenti e le riunioni in una cella frigorifera dove i mafiosi si davano appuntamento per sfuggire alle microspie.
Assieme a Melodia, nell’operazione “Freezer” furono arrestati Antonino Stella per aver svolto un ruolo di collegamento tra le cosche mafiose presenti nel territorio e per aver fatto da tramite tra Ignazio Melodia e Vito Gondola, boss di Mazara del Vallo; Salvatore Giacalone e Giuseppe Di Giovanni perché appartenenti alla famiglia mafiosa di Alcamo; Filippo Cracchiolo per aver fatto da intermediario nell’organizzazione di incontri e riunioni mafiose e per aver messo a disposizione i locali del proprio negozio ad Alcamo per gli incontri riservati del clan.
Rosalba Pipitone