Sono passati poco più di cento giorni da quando la mattina del 15 aprile 2023 iniziavano nella capitale del Sudan Khartoum, scontri armati tra l’esercito governativo sudanese e le milizie paramilitari Rapid Support Forces del generale Mohamed Hamdan Dagalo. I numeri sono drammatici: migliaia di bambini costretti a lasciare le loro abitazioni; l’Unicef ha ricevuto segnalazioni per 2.500 gravi violazioni dei diritti dei bambini, media di almeno una all’ora secondo fonti ufficiali. perché il bilancio potrebbe essere più elevato, 435 bambini sono stati uccisi nel conflitto e almeno 2.025 sono stati feriti, e per tal ragione, la Corte Penale Internazionale ha avviato un’inchiesta sui crimini in Darfur, commessi in parallelo alle violenze che da aprile stanno dilaniando il Sudan, comprese segnalazioni di uccisioni, stupri, incendi dolosi, sfollamenti e crimini che colpiscono bambini.
Sono state saccheggiate scuole, ospedali, infrastrutture vitali e forniture salvavita su cui fanno affidamento, quasi il 70% degli ospedali nelle aree più colpite ha sospeso il servizio e almeno 17 ospedali sono stati bombardati. Pochi giorni dall’inizio del conflitto, il 23 aprile, i diplomatici stranieri dell’ambasciata statunitense e francese a Khartoum, abbandonando il Sudan martoriato dai conflitti, distruggevano i passaporti dei cittadini che avevano chiesto un visto per garantire che non finissero in mani sbagliate. Le altre ambasciate li hanno molto più “diplomaticamente” abbandonati al loro destino negli edifici evacuati. Questo dimostra che affidarsi al più “forte”, non sempre porta grandissimi vantaggi e benefici. Non ci si fanno nemmeno molte illusioni dal debole “cessate il fuoco” della mediazione di Stati Uniti e Arabia Saudita –considerata neutrale, anzi, l’incubo maggiore è che il conflitto possa allargarsi e degenerare in una guerra civile di portata ancora maggiore in Darfur con l’entrata in gioco di altre forze esterne, e per scongiurare un conflitto che s’infiammerebbe di fronte alle coste saudite mettendo a repentaglio il transito sul Mar Rosso, Riad è stata particolarmente attiva nel tentativo di far calmare le acque, tentativo che sembrerebbe non aver avuto molto successo. Il ruolo dell’Unione Africana risulta limitato dato che i due generali rivali Abdel-Fattah Al-Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo non hanno accettato il coinvolgimento.
Oggi 27 luglio 2023, le milizie paramilitari Rapid Support Forces del generale Mohamed Hamdan Dagalo hanno riferito di aver condotto un’operazione militare contro una base dell’esercito sudanese a nord di Khartoum che ha provocato decine di vittime e che ha portato alla distruzione di tre aerei militari e di un magazzino di armi e rifornimenti.
Dopo aver subito questo attacco, i militari hanno dovuto ritirarsi. La Rapid Support Forces fa sapere che è impegnata a intensificare queste operazioni contro le posizioni delle Forze armate sudanesi e cercherà di sradicare l’estremismo e i membri dell’ex regime. Intanto, in un Sudan sempre più sull’orlo del baratro che ha fatto precipitare il Paese tra i più poveri al mondo, da quando è scoppiato il conflitto nel Paese, sono oltre 140.000 le persone in fuga da Khartoum giunte nello stato del Nilo Bianco e nel Ciad in condizioni di precarietà in dieci campi che ospitano circa 500.000 persone senza acqua, cibo, servizi e carenze igienici, assistenza sanitaria, e ogni giorno vengono registrati nuovi casi di sospetto morbillo e di malnutrizione tra i bambini. Ma mentre aumentano i bisogni umanitari della popolazione e delle persone in fuga dalle violenze, le agenzie umanitarie lamentano la mancanza di generosità della comunità internazionale.
Rosalba Pipitone