La Storia. È il titolo del romanzo storico di Elsa Morante, figlia illegittima di una maestra ebrea e di un impiegato delle poste. Nasce a Roma nel 1912, tre anni antecedenti la Prima Guerra Mondiale. Questo brevissimo accenno biografico perché le sue origini probabilmente hanno ispirato il suo capolavoro. Narra le vicende della II Guerra Mondiale, del dopoguerra e di Useppe, nato dalla violenza che la madre calabrese, Ida Ramundo, maestra elementare vedova ed ebrea, ha subito da un giovane militare tedesco. Il riferimento autobiografico sembra chiaro: Ida, mamma del protagonista, impazzisce dal dolore dovuto alla perdita di entrambi i suoi figli (l’altro, Nino, nato dal matrimonio con Alfio, poi morì). Elsa scoprì di essere gravemente ammalata; tentò il suicidio nel 1983, ma fu salvata in extremis. Ricoverata in clinica, fu sottoposta a una complessa operazione chirurgica, che però non le giovò molto. La similitudine appare indubbia.
Nel componimento sono presenti alcune importanti tematiche attuali, quali la discriminazione dei tedeschi verso gli ebrei, volta alla creazione della “razza ariana”. “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro” ha dichiarato il ministro Lollobrigida. Altro argomento è la maternità con il rapporto madre-figlio, con il coraggio che ha di lottare quotidianamente contro la fame, divenendo, quando necessario, anche una ladra per garantire un pasto al figlio piccolo. Alla Mennuni si rammenta che Useppe è frutto del dolore, non l’aspirazione alla maternità che professa la senatrice. Poi il fascismo, un movimento politico di carattere totalitario e nazionalista. La Russa, seconda carica dello Stato, ha a casa busto e crest del duce, su via Rasella insiste nel dire che quelli uccisi furono “una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti”. La miseria, la povertà, costrinsero quasi la totalità della popolazione alla borsa nera, ciò che sembrava allora unica fonte di sopravvivenza. Pur non essendo amante del Reddito di Cittadinanza, è indubbio che per molti italiani è stato l’unica fonte di vita. Per il 2024 è stato abolito, è costato poco più di 7 miliardi di € all’anno.
Anche la condizione femminile fu trattata quando, in effetti, la società patriarcale era ormai superata e le donne avevano sostituito gli uomini anche come forza lavoro, causa evento bellico. In seguito, nel primo dopoguerra non era possibile tornare ai rigidi principi di una società che concepiva la donna come una figura atta alla crescita dei figli e alla cura della casa. Ida, con enorme coraggio, riesce a crescere due figli nonostante sia vedova, ha un lavoro e uno stipendio e quindi è indipendente e non risente della mancanza dell’uomo, economicamente. Nel secondo dopoguerra le donne hanno lavorato nei campi, in fabbrica e in mansioni di concetto. In questi giorni si racconta che la prima aspirazione delle femmine debba essere la procreazione, Mennuni ‘dixit’.
Corsi e ricorsi storici, asseriva Giambattista Vico. La Storia prova a ripetersi.
Vittorio Alfieri