Oggi è il 25 Aprile, anniversario della liberazione d’Italia. Conosciuta come festa della liberazione, è una festa nazionale della Repubblica Italiana per commemorare la liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal fascismo, a coronamento della resistenza italiana al nazifascismo. La dittatura di Benito Mussolini ebbe inizio con la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, allorquando migliaia di fascisti erano intenzionati ad effettuare un colpo di Stato. Il re rifiutò di firmare il decreto dello stato d’assedio, il capo del governo Facta si dimise, Vittorio Emanuele III incaricò il Duce di formare il governo. Nel frattempo i suoi uomini si recarono a S.Lorenzo, quartiere della capitale che con i suoi abitanti, in prevalenza operai e ferrovieri socialisti, si oppose ai fascisti, uccidendo 13 anime e scaraventando dalle finestre molti altri, rendendoli paralizzati per tutta l’esistenza. Per ottenere la fiducia in parlamento il Duce necessitava del sostegno del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo. Nel discorso del bivacco alla Camera dei deputati di Mussolini, questo fu un passaggio significativo: “Affermo che la rivoluzione ha i suoi diritti. Aggiungo, perché ognuno lo sappia, che io sono qui per difendere e potenziare al massimo grado la rivoluzione delle “camicie nere”, inserendola intimamente come forza di sviluppo, di progresso e di equilibrio nella storia della Nazione”.
Al termine si tennero le votazioni sulla fiducia: il Governo ottenne alla Camera 306 voti favorevoli, tra cui quelli di De Gasperi, Giolitti e Gronchi, 116 contrari; socialisti unitari, socialisti massimalisti, repubblicani e comunisti e 7 astenuti. Dell’esecutivo facevano parte due ministri del PPI, al Lavoro e Previdenza Sociale Stefano Cavazzoni, al Tesoro Vincenzo Tangorra. Nello stesso anno, in dicembre, i fascisti assaltarono la camera del lavoro di Torino e nei giorni seguenti furono uccisi 11 operai antifascisti. I ministri del PPI ne uscirono nell’aprile del 1923 su impulso del loro segretario Sturzo. La decisione non piacque alle gerarchie vaticane, il Papa Ratti inviò un documento in cui invitò tutti gli ecclesiastici a non collaborare con nessun partito politico, neanche con quelli di matrice cattolica. Dagli archivi è stata ritrovata la lettera in cui si invitava don Luigi Sturzo a rassegnare le dimissioni dalla carica di segretario del Partito Popolare Italiano, Sturzo obbedì e le rassegnò nel luglio del 1923. De Gasperi, in qualità di capogruppo del PPI, tenne un discorso alla Camera dei Deputati esprimendo il suo parere verso la legge elettorale Acerbo che stabilì: la lista più votata a livello nazionale che avesse superato il 25% dei voti validi, avrebbe automaticamente ottenuto i 2/3 dei seggi della Camera dei deputati, eleggendo in blocco tutti i suoi candidati. Questo lo schieramento che l’approvò: PNF, PLI, PLD, PDSI, PA, PPI, PRI.
Il risultato nel collegio unico era decisivo per determinare la distribuzione dei seggi: nel caso in cui la lista più votata a livello nazionale avesse superato il 25% dei voti validi, avrebbe automaticamente ottenuto i 2/3 dei seggi della Camera dei deputati, eleggendo in blocco tutti i suoi candidati. Nel 1924 campagna elettorale: le elezioni si tennero in un clima di terrore e di ripetute violenze da parte dei sostenitori del Partito Nazionale Fascista, denunciate nella seduta parlamentare di fine maggio dal segretario socialista Matteotti, poi rapito e assassinato il 10 giugno 1924 da una squadra fascista capeggiata da Amerigo Dumini. La dittatura fascista durò fino al 25 Aprile 1945, quando alcuni membri del Comitato Liberazione Nazionale, tra cui Sandro Pertini che, anche grazie all’aiuto degli Alleati, incitò all’insurrezione: “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Per non dimenticare.
Vittorio Alfieri