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mercoledì, Ottobre 30, 2024

Cronache di ordinaria omofobia ai tempi del governo Meloni

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Omofobia. Qualora ce ne fosse il bisogno è certificato ulteriormente che una fetta cospicua del partito di maggioranza, relativa alla guida della nazione Fratelli d’Italia, non tolleri gli omosessuali. D’altronde il suo trisavolo,il Partito Nazionale Fascista, anche se non condannava ufficialmente gli omo, non li tollerava. A conferma dell’avversione verso queste anime, alle Isole Tremiti nel 1936 il fascismo creò la prima comunità gay del mondo, confinandola lì per 4 anni. Erano in circa 300 i perseguitati dal regime, battezzata successivamente “L’isola dei femminielli”, perché al confino li chiamavano così: femminielli, arrusi, pederasti e froci… Con questi nomignoli ironici e sprezzanti la società fascista mostrava la sua ostilità nei confronti dei gay, relegandoli in fazzoletti di terra il più lontano possibile dalla loro civiltà, mandati da Mussolini in mezzo all’Adriatico, ma anche a Lampedusa e a Ustica. Il codice Rocco eliminò il reato, ma conservò la misura del confino a scopo preventivo, perché non “sporcassero” l’immagine del paese, condannati come “pericolosi per la sicurezza pubblica”. Ci fu chi rimase in esilio tre anni, chi cinque, chi invece tornò a casa prima perché aveva parenti importanti. Ebbene, nei giorni scorsi si è dimesso il capo di gabinetto del ministro della Cultura Francesco Spano, perché nella chat WhatsApp di partito, dove sono presenti anche Arianna Meloni e Marco Perissa, Fabrizio Busnengo, ormai ex coordinatore di FdI in IX municipio -territorio delle sorelle Meloni, del ministro Lollobrigida e del senatore De Priamo- ha utilizzato termini inappropriati nei confronti del dirigente, “reo di omosessualità”. Il messaggio riportato da Il Fatto Quotidiano è questo: “Buongiorno, voglio segnalare il grosso malumore nel nostro partito per la nomina del pederasta Spano da parte del ministro Giuli. Spano ha posizioni ignobili sui temi Lgbtq”. In precedenza il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli aveva parlato di coppie gay che non possono possono “spacciare” bambini per propri figli. Apriti cielo. Poi l’accoppiata Mollicone-Malan. Il primo, presidente della commissione Cultura della Camera, ha sostenuto che la maternità surrogata è un reato grave, “più grave della pedofilia”. Il secondo, capogruppo in Senato, ha affermato che “le coppie omogenitoriali non esistono”, con tanto di foto di due papà con in braccio un bebè. Peraltro Giorgia Meloni ha fatto ricorso in cassazione avverso la dicitura “Genitori”, non 1 e 2 come propagandati, sui documenti per le coppie omogenitoriali e monogenitoriali in ossequio al parere del Garante dei dati personali”, per il quale la definizione “padre e madre” poteva avere degli “effetti discriminatori”, per esempio su quei minori che non avevano una figura paterna o materna, e creare dei problemi nella raccolta dei dati e nel rispetto delle normative europee. Mutuando dall’immenso Massimo Troisi: “Pensavo fosse amore… invece era un omosessuale”.

Vittorio Alfieri

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