I napoletani, e io lo sono, non hanno vissuto la vigilia e il 25 dicembre se non hanno visto “Natale in casa Cupiello”, capolavoro teatrale assoluto di Eduardo De Filippo. Eduardo era nato da una relazione extraconiugale, infatti il cognome è della mamma, il papà era l’attore e commediografo Eduardo Scarpetta. Scritta nel 1931,il primo battesimo con il pubblico avvenne il 25 dicembre dello stesso anno a Napoli, nel teatro Kursaal. Quest’anno l’atto liturgico è stato “professato” la sera di Santo Stefano, perché Rai Cultura ha prodotto l’opera, riproposta da Vincenzo Salemme, che è andata in diretta televisiva su RAI 1 dall’Auditorium Domenico Scarlatti della sede Rai di Napoli. La qualità della riproposizione la si lascia ai competenti e ai critici di professione. Ciò che si vuole narrare è l’essenza della rappresentazione tragicomica dell’opera maestra: la metafora della famiglia patriarcale espressa da Lucariello- Eduardo- ma che deve confrontarsi con i figli, con lo sguardo – per certi aspetti – rivolto al progresso. Nell’accezione negativa, con il figlio apatico, al quale non piace il presepe, forse aveva già in mente l’albero. La figlia, invece, rifiuta un matrimonio di convenienza con un uomo espressione della borghesia dell’epoca, geloso e autoritario, degno erede del concetto di patriarca. La moglie Cuncetta è l’anima che regge la famiglia, antesignana del clan di “eguali”. Ma è anche allegoria del popolo napoletano che subisce da sempre il tiranno, finanche refrattario alla rivolta, esercitata però in alcune circostanze con Masaniello contro gli spagnoli e durante le Quattro giornate di Napoli, un’insurrezione popolare con la quale durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, la popolazione civile e militari riuscì a liberare la città dall’occupazione delle forze tedesche della Wehrmacht. La remissione dei napoletani è cantata da Pino Daniele, e non è casuale, in “Donna Cuncetta”. Ecco un passaggio significativo del pezzo: “Donna Cuncetta parlate, donna Cuncetta dicite,’o tiempo d’e cerase è già fernuto, dint’a stu tuppo niro, ci stanno tutt’e paure, ‘e nu popolo ca cammina sotta ‘o muro”. “Natale in casa Cupiello”, con la maglia del teatro e “Donna Cuncetta” con il fascino del logos e delle note, sono filosofia allo stato puro.
Vittorio Alfieri