Sono eredità dell’assenza d’idee e pensiero. La banalità è un passaggio del brano scritto dal regista, saggista, scrittore e autore teatrale Gianfranco Perriera. Si ricorda suo padre Mario che, durante la sindacatura di Salvatore Lombardo, tenne una scuola di teatro che forgiò Laura Rondinelli, Mario Pastore e Alessio Piazza. Un pizzico di gossip: voci raccontano che ospite di Piazza sia Michele Riondino, che ha interpretato il giovane Montalbano, ma si trattava di un’era fa, si ricorda il festival del giornalismo, tra i partecipanti un astro nascente del giornalismo italiano, Marco Travaglio. Corso di formazione politica ed altro, il fermento culturale era palpabile, forse esagerando lo definii il rinascimento lilibetano. Si perdoni la divagazione. Perriera, uomo colto, menziona il teatro dell’assurdo e uno dei suoi esponenti maggiori Eugène Ionesco. Il rumeno che già nell’opera “La cantautrice calva” mise in risalto la banalità delle frasi, descrive l’essere umano imprigionato dai luoghi comuni e dalle convenzioni. Mai pensiero fu più attuale. E in questo scenario il linguaggio generato dall’assenza di pensiero è banale, convenzionale, si aggiunge violento. Si rammentano, “prima gli italiani”, “aiutiamoli a casa loro”, “buonisti, ospitateli a casa vostra”, violenza inaudita. Si prova a confutare questi slogan, “prima gli italiani”, e quando evadiamo chi danneggiamo? “aiutiamoli a casa loro”, come? Li abbiamo derubati e continuiamo a farlo,” buonisti ospitateli a casa vostra”, possibile che i buonisti paghino le tasse anche per ospitarli? Si, l’assurda banalità del male.
Vittorio Alfieri