La vacuità della condizione umana. È ciò che esprimono nei loro manoscritti S. Beckett e F. Dostoevsky, esempi ne sono per il primo “Aspettando Godot” e “Finale di partita” ,per il secondo “I Demoni”, ed è il concetto del pensiero nichilista di Nietzsche, abilmente esplicitato dal contemporaneo U. Galimberti quando afferma che “necessita dare un senso all’esistenza, altrimenti è il nulla-nihil-”. Tra i primi ad usarlo in un’accezione positiva, nel 19° secolo, fu proprio Friedrich W. Nietzsche. Per il tedesco anche la fandonia più grande che l’uomo si è elargito, ossia il trascendentale, è venuta a mancare perché Dio è morto. Il filosofo distingue un nichilismo passivo – avvertire la morte di Dio come perdita irreparabile – e un nichilismo attivo, attraverso il quale smascherare i falsi valori della cultura occidentale e creare le premesse per una nuova fase, nella quale all’uomo, incapace di sopportare la vita senza ricorrere a menzogne metafisiche o religiose, subentrerà il superuomo, ossia un essere umano capace di accettare la vita nella sua caoticità e di imporre a essa la propria volontà di potenza. Il pensiero sel sassone fu strumentalizzato dal regime nazista. Il post pandemia, dopo che il durante avrà privato di un pezzo della vita per giovani e adolescenti, i più belli, comporterà la revisione delle ragioni della nostra esistenza, quantomeno parzialmente e soprattutto per chi l’ha indirizzata alla socialità, se ciò non si farà sarà la vacuità della condizione umana.
Vittorio Alfieri