Il 19 gennaio del 2000 ci lasciava Bettino Craxi, uno degli statisti italiani più lungimiranti del nostro secolo. L’ anniversario della sua morte cade quest’anno a ridosso dell’elezione del Presidente della Repubblica. In questa occasione ci mancano le idee e il coraggio di Craxi statista e politico e ci mancano perché sono sempre di grande attualità. Ventidue anni fa il leader del socialismo italiano moriva ad Hammamet, in Tunisia, chiudendo così un’ importante pagina nella storia del riformismo autonomista, dopo Filippo Turati e Giuseppe Saragat. In un mondo ideale le regioni e i comuni renderebbero omaggio ad un grande italiano quale Bettino Craxi è stato, contribuendo a ripristinare la verità storica sulla sua vicenda politica ed umana. Invece le istituzioni preferiscono ancora una volta il silenzio alla verità storica, alimentando così la cultura dei poteri forti nel rappresentare l’avversario politico sempre come un essere malvagio e corrotto. Fu così per De Gasperi e Saragat. È così per Bettino Craxi. Oggi è possibile e anzi necessario ripensare a Craxi e al vuoto lasciato dal riformismo socialista e dal socialismo liberale. Bettino Craxi è stato uno dei pochissimi uomini politici della Prima Repubblica a meritare la definizione di statista. Oltre a lui, solo De Gasperi e Moro ne hanno diritto. La sua figura suscita ancora tante domande e comprenderla può essere d’aiuto per capire la crisi della sinistra, della democrazia liberale e l’irruzione del populismo e del nazionalismo in Italia e nel mondo. Bettino Craxi ha pagato un caro prezzo per le sue idee, per aver sfidato il sistema di potere politico e giudiziario della sinistra. Come dice la bellissima frase che ha voluto incisa sulla sua tomba, per lui la libertà equivaleva alla sua vita e infatti in nome di quella libertà e di quegli ideali non ha esitato a sacrificarla. Il suo Paese con lui è stato ingrato, ma forse un giorno finalmente gli verrà dato il posto che gli spetta nella memoria condivisa degli italiani. Io lo spero.
Florinda Licari