La fatwa.È una sentenza su questioni riguardanti il diritto islamico, noi italiani probabilmente non conoscevamo il “responsa” ma l’uso restrittivo fu introdotto nel linguaggio dei nostri media in riferirimento alla condanna a morte in contumacia pronunciata nell’anno 1989 dall’Ayatollah Khomeinī, guida teologica-politica iraniana della corrente non ortodossa dell’Islam, la sciita, avverso lo scrittore indiano Salman Rushdie, ritenuto reo di sacrilegio verso la religione musulmana per il suo controverso romanzo, I versi satanici. I due protagonisti musulmani simboleggiano l’eterna lotta tra il Bene e il Male, è presente anche una punta di sarcasmo in opposizione all’integralismo. Nei giorni scorsi lo scrittore indiano, dopo 33 anni, senza voler essere blasfemi, di ritorno gli anni di Cristo, è stato aggredito e accoltellato a New York durante una conferenza. L’assalitore Hadi Matar, un ventiquattrenne, neanche era nei sogni dei suoi genitori all’uscita del manoscritto-1988- e la guida spirituale che l’ha emessa morì dopo alcuni mesi, di Fairview, New Jersey, ha pubblicato su Facebook numerosi post a sostegno dell’Iran e dell’Islam sciita. Pur non conoscendo al momento le motivazioni, il dubbio che abbia agito in esecuzione della disposizione, che è sempre valida, ha pervaso il globo terracqueo. L’humus in cui è cresciuto l’aggressore forse è l’odio, sentimento indubbiamente Massimo Comune Denominatare di tutti gli assolutismi. L’impulso dell’anima è presente allorquando si verifica l’inesistenza del senso civico, sporcando la città, quando non si rispettano le regole basilari della convivenza garbata. Oggi è festa nazionale d’indipendenza in Ucraina, siccome a 6 mesi dall’invasione russa la società è stata pervasa daĺl’assefuazione, che equivale alla morte civile, si vuole rammentare la fatwa in senso lato sull’aggressione.
Vittorio Alfieri