Oreste di Eschilo, rivisitato da Sartre (J.P.S.) nell’opera teatrale “Le mosche”, ritiene che gli uomini siano “condannati alla libertà”, cioè che non abbiano scelto di esistere né di essere liberi, ma che tuttavia lo siano, oggi solo nel mondo occidentale, e soprattutto che, essendo liberi, essi siano totalmente responsabili delle proprie azioni, non potendo attribuirne la colpa a leggi o ad altre norme rispetto a sé. Quindi, in relazione a questo pensiero quasi ‘inconfutabile’, le persone non hanno chiesto di nascere, la vita non è un dono concesso dai genitori, è un atto di egoismo “puro” degli stessi come prolungamento della propria vita per il coronamento del “nostro” amore (il sottoscritto è genitore) e per questo comportamento individuale, l’essere umano è costretto a crearsi un identità a trovarsi un posto nel mondo, che magari non piace, obbligato a sgomitare per sopravvivere. Nessuno chiede di nascere down, con deficit psichico, povero e provocatoriamente brutto, nella società dell’immagine. E noi che abbiamo avuto la fortuna di nascere nella parte migliore del mondo e chi più chi molto meno ha la libertà di autodeterminazione, dobbiamo pensare che solo in Italia 6 milioni di anime non hanno neanche quella. Ovviamente necessita contestualizzare le opere. Oreste decise liberamente di uccidere la madre Clittenestra, la quale aveva ordito l’omicidio del marito Agamennone, che a sua volta aveva ‘sacrificato’ la figlia Ifigenia per ricevere il favore di Artemide nella guerra di Troia, Sartre era fortemente convinto, anche durante la seconda guerra mondiale, che il genere umano potesse essere libero e la storia gli diede ragione con la libertà dal nazifascismo e le opportunità nascenti di decidere della propria esistenza. Il testo fu scritto 81 anni fa e lui era un’esistenzialista. Ne “La nausea” del 1938, J.P.S.concepisce l’uomo come detentore di libertà intellettuale e morale.
Vittorio Alfieri